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Cari lettori, parliamone...

Omaggio a Grazia Cherchi lettrice e amica dei lettori

Valentina Fortichiari

  

Dando per scontato che si sappia chi era Grazia Cherchi, approfondiamo uno degli aspetti più interessanti della sua personalità: Grazia Cherchi lettrice e amica dei lettori. Due facce complementari e inseparabili della stessa moneta. Che tipo di lettrice era Grazia Cherchi ?

Leggeva 7/8 libri a settimana . "Che risorsa straordinaria la lettura", soleva ripetere e certamente era d’accordo con il suo amato Bilenchi quando affermava : "La lettura è il maggiore divertimento della mia vita". Un altro dei suoi scrittori preferiti , Raymond Carver (un virus del quale devo a lei il contagio), a proposito del " feroce piacere della lettura" si esprimeva in termini emotivamente accentuati : " qualcosa che emana scintille e una luce costante e persistente". Per dirla infine con il maestro di Carver, John Gardner, "un sogno vivido e ininterrotto" : questo è ciò che produce ( o, almeno, dovrebbe produrre) la lettura di una buona narrativa, di un buon romanzo.

A lei piaceva qualche volta leggere ad alta voce o, meglio, la lettura ad alta voce le sembrava necessaria per una migliore, puntuale comprensione. E’ noto che costrinse l’amico Giampaolo Dossena a leggere ad alta voce in sua presenza, ininterrottamente dall’inizio alla fine, il dattiloscritto di Fatiche d’amore perdute (poi pubblicato da Longanesi nel 1994), il suo unico romanzo. Con quella incoercibile determinazione contro la quale era vano per chiunque mettersi a battagliare. Per altro era estremamente restia a parlare pubblicamente dei propri lavori letterari, mossa da una sorta di pudore, quello stesso pudore che metteva nei sentimenti. Ad alta voce faceva leggere manoscritti da lei stessa corretti e rivisti per essere sicura che l’autore cogliesse il senso preciso dei suoi interventi .

Lei, che ai libri aveva dedicato una intera esistenza, negli ultimi tempi lamentava che "nessuno leggesse più veramente nessuno e che tutti continuassero a scrivere troppo". La sua perplessità cresceva sino a una vera e propria diffidenza con la crescita esponenziale di quelle che lei definiva le deformazioni della industria editoriale : la sciatteria dei risvolti di copertina, il mito delle classifiche, premiopoli e la convegnomania. Andava a caccia di buoni libri con il fiuto di un cane da tartufo, era pronta a entusiasmarsi per giovani scrittori, forze nuove e fresche nel panorama della narrativa nostrana. Ma era cauta nei giudizi, caustica sino all’inverosimile. La sua prudente perplessità le permetteva di tenersi a una distanza di sicurezza da retorica e astrattezze. "Sono perplessa" : con tale premessa procedeva allo smontaggio dei cosiddetti best-seller, dei falsi scoop editoriali. Personaggio scomodo per la schiettezza e la spregiudicatezza delle sue opinioni, non aveva paura di nessuno e proprio per questo facevano paura a molti le sue sciabolate critiche. Ma anche nell’esercizio militante della critica, compito cui assolveva con una serietà e competenza ineccepibili, era "lettrice" più che dotta giornalista e opinionista. Pur dotata di un gusto raffinatissimo, preferiva ragionare dalla parte del lettore : nelle sue recensioni si metteva nell’ottica di una lettrice media, con la malattia delle buone, sane letture, quelle che prendono per mano il lettore e lo conducono in viaggio, non lo abbindolano con trucchi e sensazionali trovate.

La buona narrativa era per lei, con Carver, ancora una volta, portare notizie da un mondo all’altro, trasformare il nostro modo di percepire la realtà. No allo sperimentalismo a tutti i costi, dunque. No a un linguaggio cripto-medianico (lo scrittore che scrive per altri scrittori, tutto in famiglia). No ai best-seller, oppio dei lettori ingenui, per la schematicità dell’impianto e dei personaggi. Tutto doveva ugualmente quadrare in un buon libro, in un buon racconto : personaggi, azione, ambientazione, atmosfera. A ciascuno di tali elementi lo scrittore doveva dedicare uguale energia creativa, in dosi equilibrate.

"Di buone storie ce n’è sempre bisogno " (Carver). "Il mondo è pieno di storie che aspettano solo di essere raccontate" (Hannah Arendt, a proposito di Karen Blixen). Armata di tali convinzioni, lettrice e amica dei lettori, Grazia Cherchi credeva fermamente che la lettura potesse salvarci la vita, e sulla propria pelle sperimentava per prima il potere insieme formativo e consolatorio di quei libri destinati a cambiare il corso di una esistenza, con abbagli, sogni, fughe.

Compagna di letture, sapeva illuminarsi al primo sentore di una scoperta : "il libro c’è". Lo diceva con tanto più gusto quando un manoscritto vergine segnava un traguardo, una pista nuova da esplorare. Umiltà e pazienza erano le componenti di un lavoro che per lei si biforcava in due aspetti complementari e interconnessi : leggere e scrivere. La lettura e la scrittura presuppongono un medesimo atto di fede nel potere della parola di comunicare. Vedere e sentire, leggere e scrivere. Leggere è lavorare con il testo, con l’autore: non fa lo stesso l’autore con il lettore?

Scrivere è far vedere il mondo con gli occhi di un altro ; leggere è vedere il mondo attraverso gli occhi di un altro. Alla base un identico obiettivo di credibilità : "mi crederai finché mi stai leggendo" , ha ben detto Paco Taibo II.

Esercitando con rara generosità il ruolo di "editor" (forse quella che era diventata la sua professione più congeniale), la Cherchi riassumeva in sé la fatica, l’impegno del leggere e dello scrivere con immensa e paziente saggezza, con una forza granitica e gentile. Grazia Cherchi era un editor speciale, un grande editor, una figura che è raro incontrare nel mondo editoriale, spesso dominato da incompetenti, narcisisti o pazzi idealisti. Fedele al principio del suo Bilenchi , che a sua volta si rifaceva a Cechov, "Scrivere tutto e tagliare tutto", Grazia faceva miracoli di potatura. Sapeva levare, pulire, rendere interessante un testo. Temeva (e difendeva il lettore da) vacuità-ipocrisie-idiozie. Con lei non c’era il pericolo di indulgere a banalità : sapeva vaccinare chi le stava al fianco dai luoghi comuni. Compagna di letture, di sentieri mentali, insegnava a usare testa e voce per andare in senso contrario alla corrente di volgarità, troppo spesso dilagante nel mondo dell’editoria e del giornalismo.

Conosceva bene i doveri di un buon scrittore e i diritti del lettore. Lo scrittore ha l’obbligo di farsi capire ; deve trovare uno stile personale per raccontare, ma non rinunciare mai alla precisione in cambio dell’originalità. Il lettore ha anche il diritto di smettere di leggere, di mollare un libro a metà, se non è convinto. Probabilmente con l’amico Paco Taibo II, per il quale nutriva istintiva simpatia, si sarà trovata a discutere sul fatto che ogni volta che un lettore deluso abbandona la lettura, è colpa dello scrittore che se lo è fatto scappare, che non è riuscito a divertirlo, affascinarlo, emozionarlo, inquietarlo (Paco lo ha ripetuto con la sua irruente passionalità al recente convegno promosso dalla rivista "Letture", tra Milano e Roma).

I diritti del lettore. Per esempio uno spazio per lettori e taciturni, addirittura uno scompartimento di treno. Con la consueta bizzarria, Grazia aveva fatto propria una frase di Peter Noll (tra l’altro usata come titolo per la sua raccolta postuma di articoli e interventi, Scompartimento per lettori e taciturni, Feltrinelli, 1997) : "Perché a nessuna società ferroviaria è mai venuto in mente di istituire scompartimenti per taciturni e lettori?". Lei, viaggiando spesso in treno, sui mezzi pubblici, amava studiare le persone intorno a sé, specie se avevano un libro tra le mani. Se non lo avevano, arrivava al punto di regalarlo, come nell’episodio della giovane ragazza annoiata, incontrata sulla linea Milano-Firenze, alla quale fa dono del racconto L’incantatrice di Stevenson (si legge nella raccolta citata, il titolo del pezzo è "In treno: miracoli di Stevenson" ).

Il disorientamento dei lettori : in libreria, e nell’impatto con i media. "Si pubblica troppo", non si stancava di ripetere persino ai suoi amici editori. Lei, che aveva vissuto la stagione felice dei "Quaderni piacentini", senza rimpianti, era pronta a buttarsi in nuove avventure giornalistiche con spirito da pioniera, sempre. Lamentava che il lettore fosse disorientato e sommerso da un surplus di supplementi letterari tutti conformemente monotoni ; lamentava la mancanza di un serio progetto culturale di informazione. Al suo posto chiacchiere, baggianate, stroncature a tutti i costi, pezzulli, frammentini provocavano in lei reazioni violente. "Sempre gli stessi personaggi, in editoria come nel giornalismo" : la mancanza di un sano ricambio produceva inerzie, ripetizioni, noia senza fine. La sua ricetta era semplice, umile, generosa : si rileggano due brani emblematici, "Recensioni come?" e "Due o tre idee e un invito per i lettori".

Oggi, che pare crescere la tentazione di sollevare il telefono e chiamarla per condividere ribellioni, delusioni no, ma un sentimento più forte di rifiuto, di sconcerto, ci manca. Con chi parleremo, adesso? diceva Giovanni Giudici, due anni fa, nel salutarla.

Grazia Cherchi, lettrice e amica dei lettori, formidabile antidoto contro la banalità, la volgarità. Il feroce piacere della lettura è ciò che resta, di una passione condivisa. In suo omaggio, vorrei chiudere leggendo un brano bellissimo di Carver (mi si perdoni tale insistenza) sulla lettura, sugli effetti devastanti della lettura : "Se siamo fortunati, tanto come scrittori che come lettori, finiremo l’ultimo paio di righe di un racconto e resteremo poi seduti un momento o due in silenzio. Idealmente, ci metteremo a riflettere su quello che abbiamo appena scritto o letto; magari i nostri cuori e i nostri intelletti avranno fatto un passo o due in avanti rispetto a dove eravamo prima. La temperatura del nostro corpo sarà salita, o scesa, di un grado. Poi, dopo aver ripreso a respirare normalmente, ci ricomporremo, tanto come scrittori che come lettori, ci alzeremo e, ‘creature di sangue caldo e nervi’, come dice un personaggio di Cechov, passeremo alla nostra prossima occupazione: la Vita. Sempre la vita".


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pagina a cura di Valentina Fortichiari 
redatta il 02/01/1998

 ultima revisione
09/09/2002

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