:: C’è un tempo per vivere e uno per raccontare |
Lo diceva già Sant’Agostino: se non me lo chiedi lo so, ma se me lo chiedi non so rispondere. E si riferiva alla definizione
del tempo, di questo fluido cronologico in cui siamo immersi e che continuamente muta e ci muta, al punto
che non possiamo bagnarci due volte nello stesso fiume. Ma un modo per rispondere alla domanda c’è ed è proprio
quello di raccontare il tempo: sia nel senso di rendere oggetto di comunicazione quella gamma vastissima di emozioni,
sensazioni, paure che sono legate allo scorrere del tempo, sia in quello di rendere esplicita la rivoluzione temporale
che la narrazione (come la lettura) consente, ossia la libertà di sparare agli orologi e di farci vivere in un tempo
altro. Tutti noi abbiamo scoperto quello che gli scrittori e i lettori sanno benissimo: che non basta vivere una storia,
un’avventura, una passione, se poi non possiamo raccontarla a qualcuno, o anche solo a noi stessi, riorganizzandola
in una nuova articolazione temporale. Che è solo narrando, cioè inserendo un avvenimento in una narrazione,
che viviamo veramente.
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:: Tempo al tempo
La percezione e l’uso del tempo cambiano a seconda delle culture e dei periodi storici e basta pensare a come ciascuno di noi percepisce
il tempo nei diversi momenti della vita per capire come si dilati o si comprima: il tempo dell’attesa, quello del dolore, della gioia e del piacere
che l’orologio scandisce col medesimo intervallo ma che noi viviamo come infinitamente lungo o sempre troppo breve.
La mitologia, la filosofia, le religioni, oltre naturalmente alla scienza e alla letteratura, hanno costruito intorno al tempo complesse architetture
concettuali e immaginifiche. Il tempo è rappresentato dal mutevole Chronos (che divora i suoi figli e si proclama signore della terra prima
di essere a sua volta detronizzato da Zeus), ma anche dall’immutabile Aion, l’eone, il tempo-eterno, il tempo-durata, o dall’alato Kairòs, che
esprime l’istante, il tempo dell’opportunità da cogliere al volo prima che svanisca. E poi il tempo è anche Saturno, il dio e l’astro del movimento
lento, dell’immersione malinconica, del bradisismo immaginativo. Il fare e disfare del tempo si mescola così col mito dell’eterno ritorno
o dell’Araba fenice (come dell’azteco e piumato serpente Quetzalcoatl) che periodicamente risorge dalle sue ceneri. L’idea della circolarità
del tempo si riaffaccia quando meno ce l’aspettiamo, quando pensiamo di averla definitivamente sepolta in nome del tempo-freccia imposto
dalla seconda legge della termodinamica. Ed è sempre intorno a un cerchio che ci riuniamo per raccontarlo.
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