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 Cologno Monzese
27 Ottobre 2001

:: La parola al "Gran Giurì"
Giovanni Solimine

 Lavorare ai margini - logo
 Lavorare ai margini
La prima osservazione che intendo fare non riguarda il merito dei dati che oggi siamo chiamati a commentare, ma il fatto stesso che la Biblioteca Civica di Cologno Monzese li abbia raccolti a abbia deciso di discuterli in questa manifestazione pubblica.

I dati sono molti e sono stati presentati in modo interessante e spesso anche originale. La qualità dei dati (non mi riferisco ai valori numerici, ma all’accuratezza con cui essi sono stati rilevati e organizzati) è di per sé un segnale dell’attenzione con cui i bibliotecari di Cologno conducono il loro lavoro. Parimenti, la decisione di lavare in piazza i panni – panni che, come vedremo, sono piuttosto puliti – e di proporre una riflessione così articolata è indicativa della voglia di guardarsi dentro e di guardarsi intorno, di capire e di comunicare, di correggersi e di migliorare.

Sono numerosi i segnali positivi che si avvertono nell’aria: penso, ad esempio, allo spirito di squadra che emerge in modo forte dallo stile con cui i bibliotecari responsabili dei diversi settori di attività si sono avvicendati nell’esposizione dei dati, dall’orgoglio e dalla consapevolezza che si leggono nello slancio con cui hanno presentato i risultati raggiunti. La risorsa umana è la risorsa più preziosa in una azienda di servizi e la motivazione con cui il personale lavora in questa biblioteca credo che costituisca uno dei principali fattori di qualità, una delle principali cause dei successi che sono stati conseguiti.

Nell’analisi dei dati che proverò a fare dovrò necessariamente ritornare su alcune cose già dette e dovrò anch’io richiamare molti numeri. Ma cercherò di farlo, il più delle volte, con un’ottica diversa da quella con cui abbiamo già sentito parlare degli stessi indici e delle stesse percentuali, nel tentativo di proporne una lettura diversa, di sollevare qualche dubbio, di lasciare aperto qualche interrogativo e, se me lo consentite, di tracciare qualche ipotesi di lavoro per il futuro. Ho interpretato così il compito che mi è stato affidato e sono certo che gli amici di Cologno apprezzeranno nella stessa misura le lodi, tante ne dovrei fare, e le critiche, ben poche per la verità.

Parto dai dati sui servizi, che sono molto buoni e quasi sempre migliori delle medie nazionali, regionali e provinciali. L’impatto sul bacino d’utenza è buono ma non elevatissimo (il 14,7% dei cittadini risulta iscritto alla biblioteca) e qui mi viene da fare una prima osservazione, non riferita solo a Cologno, ma in genere a tutte “le biblioteche che funzionano”: mi pare che da un po’ di tempo questo indicatore è fermo su valori che oscillano tra il 12 e il 15% un po’ ovunque. Evidentemente le biblioteche, anche quando propongono servizi di qualità, non sfondano, o almeno non sfondano sul fronte dei servizi di prestito e in genere dei servizi tradizionali legati alla lettura. Nei casi migliori riescono a fidelizzare in modo considerevole una fascia di “lettori forti”, ma l’impatto sociale della biblioteca rimane sostanzialmente modesto. Il nostro modo di “fare biblioteca” non basta e temo che potrebbe portarci sempre più verso posizioni di fatto marginali nelle dinamiche di circolazione del sapere.

Poco più avanti proverò a fare qualche riflessione sull’utenza degli altri servizi (in particolare reference e multimedia), che spesso sfuggono a rilevazioni quantitative e puntuali, come invece avviene per i tradizionali servizi di prestito.

Molto interessanti alcuni dati qualitativi, attraverso i quali possiamo cercare di capire chi sono e cosa fanno gli utenti:

assistiamo a un calo della componente studentesca (che dieci anni fa raggiungeva anche a Cologno, come quasi ovunque, il 75% circa dell’utenza attiva), che oggi, pur essendo quantitativamente cresciuta, rappresenta solo il 52,2% del pubblico degli utenti;

definirei senz’altro positiva la discreta componente di adulti, che è il frutto delle attività di promozione che la biblioteca ha avviato in direzione degli utenti potenziali seniores;

ragguardevole anche la capacità di attrazione che la biblioteca esercita nei confronti dei cittadini residenti a Brugherio, Vimodrone, Cernusco e altri comuni, Milano compresa.

Questi dati sono ricavati dall’uso del prestito, ma, di fronte a un’offerta tanto variegata, come quella allestita a Cologno, viene spontaneo chiedersi se esistono utenti che frequentano la biblioteca pur non essendo iscritti al prestito. Disponiamo di una risposta, sia pure parziale e incompleta: una rilevazione effettuata in una settimana-campione durante il 1999 ci dice che gli studenti rappresentano il 39,2% delle presenze e il 35,2% degli iscritti e che i pensionati rappresentano il 7,2% delle presenze e il 2,1% degli iscritti. Il dato riferito agli anziani, in particolare, ci dice che la biblioteca aggrega non solo chi è interessato alla lettura. Ma, purtroppo, sappiamo anche di un altro dato, meno confortante: coloro che partecipano alle attività culturali che si svolgono in biblioteca in gran parte non divengono utenti dei suoi servizi. In biblioteca esistono più “pubblici” che non comunicano tra loro.

Anche altri dati sulla frequenza e sui tempi di permanenza ci mandano segnali articolasti e in parte contraddittori, ma non per questo da considerare di segno negativo:

il 10% degli utenti va in biblioteca più di 12 volte al mese e quindi può essere senz’altro considerato un pubblico di utenti abituali;

quasi il 60% è costituito invece da utenti sporadici, che vanno in biblioteca meno di due volte al mese;

il tempo medio di presenza in emeroteca è di 33 minuti (che dovrebbero corrispondere al tempo necessario per scorrere un giornale o un rotocalco e leggere qualche articolo);

la permanenza in sala di lettura è mediamente di 2 ore e mezza e il 35% del pubblico viene in biblioteca per leggere libri propri; in tante altre biblioteche pubbliche troviamo un numero più elevato di quelli che definirei “lettori non utenti”, che chiedono solo un posto per studiare e che trascorrono in biblioteca gran parte della giornata, spesso monopolizzando la sala di lettura.

Sicuramente bisognerebbe riuscire a fare qualcosa per portarli in biblioteca più spesso e per trattenerli un po’ di più, ma mi sembra che si possa dire che la biblioteca non è una “biblioteca di lettura”, o almeno non è soltanto questo: è certamente anche un luogo di passaggio, in cui gli utenti si affacciano, danno un’occhiata, vanno in emeroteca, utilizzano le postazioni della sala multimediale (preferisco chiamarla così e non “sala macchine”, come fanno i bibliotecari di Cologno, con un’espressione che non mi sembra molto felice, proprio perché tende a connotare in un certo modo questo servizio e ad accentuarne la separazione rispetto al resto dell’offerta; ma su questo ci sarà occasione per ritornare).

Se poi andiamo a vedere quali libri leggono gli utenti di Cologno, ci imbattiamo in alcuni dati prevedibili ed in altri un po’ meno scontati. Da un attento esame di queste statistiche possiamo ricavare però utili indicazioni di lavoro:

gli adulti leggono prevalentemente saggistica (68,8%) e i ragazzi prevalentemente narrativa (79,1%); è naturale che sia così, ma mi piacerebbe che si provasse ad andare in controtendenza, a invertire questa situazione, proseguendo la stagione della promozione della lettura tra gli adulti che la biblioteca ha già avviato e cercando di avvicinare i ragazzi alla divulgazione scientifica;

si potrebbe provare anche a bilanciare la forte prevalenza (70%) che la narrativa riveste attualmente nel pubblico femminile, cercando di stimolare il consumo di altri generi editoriali;

se andiamo a spulciare i dati sulla circolazione dei documenti appartenenti ai vari ambiti disciplinari, vediamo che i settori più gettonati sono quelli relativi all’occupazione del tempo libero, come la letteratura (anche in lingua originale) e l’informatica; mentre sono piuttosto bassi i dati relativi a quelli che potremmo definire come “settori di studio”;

non mi sorprende che le opere di narrativa vadano in prestito mediamente 13,65 volte all’anno (anche se una circolazione così intensa corrisponde a un forte tasso di indisponibilità del materiale e comporta un elevato rischio di stress per la collezione), mentre stupiscono i dati relativi all’ingegneria chimica (9,28 prestiti per volume) e alla teologia cristiana (2,65 prestiti per volume); indici di circolazione così elevati in settori che solitamente non riscuotono un forte interesse si spiegano soltanto o con fenomeni di carattere locale (a Cologno abbondano gli appassionati del “piccolo chimico” e le anime pie?) oppure vanno presi con le pinze (l’indice di circolazione si calcola dividendo il numero di prestiti per il numero di volumi posseduti in quella stessa classe, e quindi accade che, quando il divisore è piuttosto basso perché la biblioteca acquista pochi volumi in un determinato settore, il quoziente tende a salire in modo abnorme e può trarre in inganno).

Anche senza nessuna volontà di prevaricazione, il rapporto fra ciò che si propone agli utenti e ciò che il pubblico finisce con l’utilizzare maggiormente è per forza di cose direttamente proporzionale e quindi mi chiedo se il fatto che il 50% del patrimonio sia costituito da classici della letteratura e da opere di narrativa contemporanea non costituisca oggettivamente un freno a un’offerta sufficientemente variata.

Certo, i servizi di lettura e di prestito sono ancora molto importanti, le attività di promozione della lettura sono forse gli elementi che caratterizzano maggiormente questa biblioteca all’interno del “movimento” non solo locale delle biblioteche pubbliche, ma credo che una prima considerazione di carattere generale che si può fare a questo punto è che le possibilità di ulteriori successi per la biblioteca vanno ricercate in un potenziamento anche di altri servizi, forse più legati alle esigenze dello studio e dell’informazione. Si ha quasi la sensazione che venga privilegiata una “politica di nicchia”, o meglio, di molte nicchie, ma con strategie segmentate sui vari media (libri, audiovisivi, risorse di rete), forse perdendo di vista la dimensione complessiva di un servizio che voglia essere realmente multimediale.

Provo a spiegarmi meglio, partendo dai dati sui servizi che la biblioteca ha attivato, o potenziato, per ultimi.

Se analizziamo, ad esempio, i dati sul servizio di reference, notiamo che oltre il 90% delle transazioni è soddisfatta in meno di 5 minuti. Questo dato testimonia certamente una notevole capacità di reazione della biblioteca e un elevato livello di qualificazione professionale, ma probabilmente ci dice anche che non si tratta di un vero e proprio servizio di reference, ma solo di un servizio di informazioni bibliografiche e di orientamento all’uso delle collezioni. Infatti, soltanto l’11% delle transazioni informative riguarda domande fattuali.

Più incoraggiante un dato relativo al servizio di prestito interbibliotecario, molto usato dagli studenti, ma che vede tra i suoi utenti anche un 30% costituito da impiegati e professionisti.

Su questi dati si può e si deve lavorare in profondità, se si vuole potenziare anche un filone di servizi rivolto a chi è portatore di interessi non legati alla lettura, ma allo studio e alla ricerca. Nessuno vuole fare della biblioteca pubblica una biblioteca specialistica, ma semplicemente una biblioteca “per tutti”, capace di intercettare varie tipologie di bisogni.

Riflessioni interessanti in tal senso possono essere stimolate anche dall’analisi dei dati sui servizi informatici e multimediali.

Si tratta di un settore in grossa espansione. L’uso di Internet assorbe gran parte del lavoro svolto in “sala macchine” (col 76,5% questo è il servizio maggiormente usato), e nel pubblico ovviamente troviamo al primo posto gli studenti (58,7% dell’utenza). Ma il servizio è ancora poco sfruttato da altre categorie di utenti, che pure potrebbero avvalersene in misura notevole: ritengo ad esempio molto grave che gli insegnanti rappresentino solo il 3% dell’utenza della sala informatica, mentre trovo incoraggiante l’incremento del pubblico di anziani (il 5,7% degli utenti ha più di 50 anni) e di lavoratori occupati (27%). La biblioteca giudica positivamente il fatto che il 51% di chi ha frequentato questa sezione nel 1999 vi sia tornato nel 2000 e il dato è buono se lo colleghiamo all’aumento del numero di connessioni domestiche a Internet e se quindi immaginiamo che la biblioteca abbia svolto una funzione di alfabetizzazione e che molti di coloro che nel 1999 non possedevano un PC e un modem, ora si collegano dalla propria abitazione. Il dato sarebbe meno positivo se lo interpretassimo come indice di un interesse effimero, che si esaurisce nel giro di pochi mesi.

La scelta di collocare questi servizi in ambienti separati e forse, come accennavo già in precedenza, la stessa denominazione del servizio, produce alcune distorsioni. Infatti, il 38% del pubblico di “sala macchine” non usa il servizio bibliotecario, ma ciò non si spiega soltanto con un disinteresse nei confronti della lettura e dello studio; infatti, il 65% non utilizza neppure la sezione audiovisivi, che in effetti è essenzialmente una fonoteca (tanto è vero che essa viene utilizzata per il 56% per il materiale musicale). È ancora timido l’uso dei video didattici, mentre bisognerà attendere qualche anno per raccogliere i frutti di un lavoro che solo ora si sta impostando: mi riferisco al trasferimento di alcuni materiali non librari che porterà ad una maggiore integrazione tra i diversi supporti su cui sono registrati i documenti posseduti, in modo da poter allestire un’offerta, che non può essere soltanto ampia e variegata, ma deve anche favorire la contaminazione dei diversi linguaggi della comunicazione.

Mi piacerebbe che nell’era dell’info-edu-entertainment, i servizi informativi e multimediali della biblioteca si evolvessero nella direzione della realizzazione di un learning centre: contigua alla tradizionale offerta di servizi bibliotecari di lettura e di ricerca, si potrebbero prevedere spazi destinati alla didattica, che configurino la biblioteca come struttura al servizio dell’apprendimento (per limitarmi a iniziative che già sono state realizzate a Cologno, penso a un centro per l’insegnamento della lingua italiana per cittadini stranieri, o a un centro per la formazione all’uso delle tecnologie informatiche etc.) dove si possano svolgere tutte quelle attività di educazione continua che acquisiranno un rilievo sempre maggiore nella nostra società. In questo spazio sarà possibile sia organizzare sessioni di auto-apprendimento (software didattico, frequenza corsi di formazione a distanza, ascolto cassette audio e visione di documenti video) sia organizzare corsi e altre iniziative didattiche.

Non è compito mio fare proposte, mentre dovrei limitarmi a valutare i dati che sono stati sottoposti alla nostra attenzione. Ma il lavoro di misurazione delle prestazioni serve a migliorare le prestazioni, altrimenti non ha senso.

Se non sono riuscito a resistere alla tentazione di dare qualche suggerimento, ciò è dovuto al fatto che, leggendo i dati, più volte si riesce a intravedere che si potrebbe fare di più, si potrebbero raggiungere risultati migliori, ma che ciò non è possibile perché la Biblioteca Civica di Cologno Monzese ha raggiunto ormai una soglia critica, che può essere superata solo se si verificano alcune condizioni. Per inciso dirò che uno degli strumenti classici ai quali le biblioteche fanno ricorso per superare i propri limiti individuali è la cooperazione. Mi ha sorpreso che nel dossier che ci è stato consegnato si trovino solo pochi dati e poche tabelle sul Sistema bibliotecario nord-est Milano, cui la biblioteca di Cologno aderisce.

Basta aggirarsi per i locali della biblioteca per rendersi conto che il maggiore elemento di sofferenza è legato alle dimensioni e all’articolazione degli spazi. Servono spazi aggiuntivi e meno segmentati. Oggi la biblioteca offre ai cittadini 0,33 mq ogni dieci abitanti (vale a dire circa un terzo dello standard internazionale proposto dall’IFLA); gli 85 posti di lettura sono decisamente insufficienti; la sede è piccola e affollata; in fonoteca si effettuano molti più prestiti che consultazioni, a dimostrazione che forse anche in quell’ambiente il numero di postazioni è inadeguato. Le conseguenze di questo assetto degli spazi credo che si possano vedere essenzialmente nel condizionamento che la biblioteca subisce nell’organizzazione dei servizi informativi e multimediali. Conosco troppo bene e stimo troppo i colleghi di Cologno per non pensare che, se fossero liberi di impostare tali servizi senza questo pesante limite, organizzerebbero le cose in modo molto diverso.

Ma forse ci sono anche delle altre ricadute negative. Uno dei pochi indicatori per i quali la biblioteca di Cologno si posiziona su un livello inferiore alla media nazionale è quello delle acquisizioni annue (si acquistano 75,7 volumi ogni anno per ogni 1.000 abitanti, mentre l’indice nazionale è di 83,8). Può darsi che questo numero insufficiente di nuovi acquisti sia dovuto solo a carenze di risorse finanziarie, ma è probabile che la carenza di spazio faccia anche da freno a una più massiccia immissione di nuovi documenti.

Già che ci sono, aggiungo qualche altra considerazione sulle risorse.

Il budget è di dimensioni sostanzialmente adeguate (la spesa corrente è di 23.042 lire per abitante, superata solo da Cernusco e Brugherio, per cui sorprende il fatto che alcuni cittadini di Brugherio preferiscano poi frequentare la biblioteca di Cologno).

Qualche luce e qualche ombra emerge se andiamo ad esaminare la composizione della spesa. Si spende molto per il personale e starei per dire che si spende troppo, se non andassi ancora più in profondità e non mi accorgessi che in questo settore è stata fatta una politica di qualità, non solo per quanto riguarda il numero di addetti ma anche per il livello di qualificazione richiesto e per i profili medio-alti in cui sono stati inquadrati. Questa scelta ha consentito il raggiungimento dei risultati di cui qui si sta discutendo, ma – in tempi di vacche magre e di forti spinte all’outsourcing – sarà difficile da difendere e da mantenere se non si riuscirà a renderla ancora più produttiva, ponendosi obiettivi ancora più ambiziosi di quelli conseguiti finora. Un margine di miglioramento, ad esempio, può essere individuato negli orari di apertura (attualmente la biblioteca è aperta al pubblico per 42 ore e mezza a settimana), cercando di prolungare l’apertura oltre le 19.

I costi di gestione mi sembrano esageratamente bassi e temo che siano sottostimati, forse perché alcune utenze o altre spese correnti sono nel bilancio comunale e non in quello della biblioteca, e quindi non sono state considerate.

Ho già detto che bisognerebbe spendere un po’ di più per l’acquisto dei documenti.

Per concludere, direi che siamo senz’altro di fronte ad una biblioteca efficace, molto efficace, che sa darsi degli obiettivi e sa individuare gli strumenti più idonei per raggiungerli, che compie uno sforzo notevole per comunicare, e che non si accontenta di accogliere gli utenti “facili”, quali sono i giovani e i ragazzi, che va a cercarsi gli adulti e gli anziani, studiando delle iniziative promozionali tarate sulle loro esigenze, che non si compiace nel ripetere stancamente le iniziative che hanno avuto successo, ma che cerca di aprire continuamente nuovi fronti e di immaginare nuove proposte ai suoi utenti.

Ripeto quanto ho già detto, invitandovi a integrare maggiormente i diversi supporti e i servizi che possono derivarne.

Forse si può fare qualcosa di più sul terreno dell’efficienza, anche perché le risorse investite non sono poche, specie se le mettiamo a confronto con le condizioni in cui operano biblioteche simili, che sorgono in comuni con caratteristiche analoghe.

Certo, a Cologno si lavora bene, ma non si fanno miracoli. Questa affermazione non va letta come una critica, perché non bisogna pretendere i miracoli. Se le risorse che l’Amministrazione comunale investe, questo è uno dei meriti di Luca Ferrieri e dei suoi bibliotecari, che evidentemente sono riusciti, nel tempo, a portare i sindaci e gli assessori a un livello di consapevolezza e di impegno adeguato alle esigenze dei cittadini, facendo della biblioteca uno dei servizi su cui puntare per il miglioramento della qualità della vita a Cologno.

Ho già detto che esiste indubbiamente un margine di crescita, ma credo che questo sia essenzialmente legato alle prospettive di ampliamento della sede.

Molti dei dati che ci sono stati proposti contenevano un confronto relativo all’ultimo decennio. L’augurio col quale posso lasciarvi è di ritrovarci tutti qui tra dieci anni, in una sede più grande e più bella, per festeggiare insieme risultati ancora migliori.

 
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